Avrete sicuramente letto più volte il termine blend o varietale associato al vino, ma cosa significa?
La parola blend letteralmente vuol dire “miscela”; ci sono infatti dei vini che si ottengono mescolando due o più vitigni. Spieghiamo nel dettaglio cos’è e quali sono i vitigni più utilizzati per ottenere un vino blend e quale è invece il significato di vino varietale.
Blend vino: significato
In enologia per blend si intende una miscela di due o più uve allo scopo di ottenere un taglio unico. Un suo sinonimo può essere “assemblaggio” o “mixaggio” di uve, vini e mosti della stessa annata o di vendemmie precedenti.
Il blend nel vino è una vera e propria arte che richiede competenza, perché bisogna dosare sapientemente vini diversi ed essere in grado di saper bilanciare le loro caratteristiche.
Quando si parla di blend si indicano vini che hanno il 50% di vino tagliato e il restante 50% è composto da altre uve (ne sono un esempio il Merlot e il Cabernet). Chiariamo cosa significa “tagliare un vino”.
Differenza tra vino blend, in purezza e taglio
Tagliare il vino è un’operazione antichissima che ha diversi scopi. Il vino viene spesso tagliato quando si desidera creare un prodotto particolare per un certo tipo di mercato oppure per nascondere difetti. Questa tecnica consente di mantenere costanti nel tempo le caratteristiche del vino, quali gradazione alcolica e colore.
Si parla di taglio (uvaggio) quando si utilizza solo il 15% del totale del vino, si tratta di un trattamento correttivo, mentre un vino può definirsi blend, come abbiamo detto, quando ad essere tagliato è il 50% ed il restante 50% è composto da altre uve.
Quando invece il vino è composto al 100% da un vitigno specifico e quindi è ottenuto da grappoli provenienti da una sola coltivazione si parla di vino in purezza. Ne è un esempio il nostro Falconaro – Isola dei Nuraghi IGT Cantine di Dolianova, prodotto da uvaggi 100% Carignano, è un vino da medio invecchiamento, da consumarsi entro 3-4 anni dalla data di vendemmia.
Nel taglio, uve di diversi vitigni vengono vinificate assieme creando dal principio un vino nuovo. Ora che abbiamo spiegato il significato di blend vino, parliamo del padre di tutti i blend: il taglio francese.
Esempio di blend: il taglio bordolese
Un tradizionale e famoso esempio di blend è il taglio bordolese, realizzato con una miscela di uve provenienti dalla zona vitivinicola di Bordeaux, indipendentemente dalla loro annata o reale provenienza.
I vitigni più utilizzati per produrre blend sono lo Chardonnay, Sauvignon, il Merlot e Cabernet Sauvignon.
Un blend italiano ispirato al taglio bordolese è il Sassicaia prodotto nel territorio Doc di Bolgheri in Toscana. Questo vino viene prodotto con almeno l’80% di uve Cabernet Sauvignon. Dal colore rosso rubino intenso, questo vino possiede una buona struttura.
Vino blend o in purezza: qual è il migliore?
Non c’è una regola che stabilisce se sia migliore un blend o un vino in purezza, ci sono però territori che si esprimono meglio con il primo modo e altri con il secondo. Ad esempio, buona parte dell’Italia Settentrionale e dell’Europa Centrale hanno una viticoltura basata principalmente su vini ottenuti da un solo vitigno principale. Invece, nelle zone mediterranee dove il clima è più temperato, la pratica dell’uvaggio è molto più diffusa.
Per creare un vino di qualità e apprezzato da tutti servono competenze maturate nel tempo, un ottimo gusto e olfatto, oltre all’originalità e ad un certo sesto senso. Ora parliamo di un altro approccio alla vinificazione, il varietale, che punta a valorizzare l’identità di un singolo vitigno.
Vino varietale: significato
Secondo la suddivisione ufficiale, in vigore dal 2007, i vini sono suddivisi in 5 categorie, a seconda della specificità dei disciplinari a cui la loro produzione è sottoposta. Una di queste è quella del vino varietale. Vediamo cosa è e in cosa si differenzia dal blend.
Sono definiti vini varietali quei vini per i quali non è necessario indicare in etichetta quale sia il territorio il cui il vino è stato prodotto. Si tratta quindi di vini a cui non è stata riconosciuta una denominazione di origine o un’indicazione geografica, segnalata da acronimi quali D.O.C. (come, ad esempio, il nostro Blasio – Cannonau di Sardegna DOC Riserva firmato Cantine di Dolianova) o I.G.P. Parliamo, come è intuibile, di vini prodotti senza un preciso disciplinare e con almeno l’85% di un solo vitigno.
L’etichetta, dunque, riporterà altre indicazioni come l’annata di produzione (per i cosiddetti vini d’annata), il nome del vitigno prevalente (qualora ve ne sia uno) e altre indicazioni quali il colore, la gradazione alcolica e via dicendo. Ci concentreremo con maggiore dettaglio sulle indicazioni che devono essere riportate sull’etichetta di una bottiglia di vino varietale in seguito.
Secondo quanto sancito dal decreto ministeriale 381 del 19 marzo 2010, vi sono solo 7 varietà di uva che, in Italia, possono essere riportate nell’etichetta di un vino varietale fermo. In ordine alfabetico, questi vitigni, tutti internazionali, sono: Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Sauvignon e Syrah.
Per quanto riguarda invece le principali varietà di vite che possono essere indicate per i vini varietali spumanti, queste sono il Moscato e la Malvasia.
Tutti i vini in purezza sono varietali, ma non tutti i vini varietali sono in purezza. Come abbiamo detto, il vino in purezza è un vino ottenuto al 100% da un solo vitigno, mentre il vino varietale, come detto, è prodotto con almeno l’85% di un solo vitigno.
Vino varietale: normativa italiana
La normativa che regolamenta, in Italia, la produzione dei vini varietali è il Decreto Ministeriale 381 del marzo 2010. Questa si riferisce però ai vini varietali fermi. Per quanto riguarda i vini spumanti, si deve far riferimento, per quanto riguarda le varietà di uva utilizzabili, all’articolo 7 del Decreto Ministeriale del 23 dicembre 2009.
Il sistema di certificazione e controllo che consente che venga indicata in etichetta l’annata ed il vitigno di un vino varietale (dunque privo di indicazione geografica o denominazione di origine) è stato istituito dal Ministero Italiano con il Decreto Ministeriale del 18 luglio 2018.
Vino varietale: cosa va riportato in etichetta
L’etichetta posta su una bottiglia di vino varietale deve contenere obbligatoriamente le seguenti informazioni (non necessariamente in questo ordine):
- Il nome del vitigno prevalente, nel caso vi sia una varietà di uva (fra le sette che abbiamo elencato precedentemente) presente con una percentuale maggiore all’85%.
- Lo Stato in cui il vino è stato prodotto, senza indicazioni precise sul territorio.
- L’eventuale presenza di allergeni, come i solfiti.
- La capacità (o il volume) della bottiglia.
- Il titolo alcolometrico effettivo, generalmente espresso in percentuale sul volume.
- Il colore del vino, per specificare se si tratta, ad esempio, di vino bianco o rosso.
- La sede e la ragione sociale dell’imbottigliatore.
- La sede e la ragione sociale dell’importatore, qualora il vino sia stato importato dall’estero.
- Il lotto di confezionamento.
Inoltre, oltre a queste informazioni obbligatorie ve ne sono alcune che possono essere riportate a discrezione del singolo produttore. Si tratta di informazioni come, ad esempio, il marchio, il nome commerciale, eventuali loghi (ad esempio di prodotto biologico o biodinamico) e via dicendo.
Come si ottiene la certificazione dei vini varietali?
A differenza dei vini Doc-Igp, per quanto riguarda la certificazione dei vini varietali (regolamentata, come abbiamo già accennato, dal Decreto Ministeriale 381 del 19 marzo 2010), è l’azienda produttrice a scegliere l’Organismo di controllo, scelta rispetto la quale l’azienda sarà poi tenuta a notificare il Ministero e la Regione competente territorialmente. Dopo aver individuato l’Organismo di controllo, l’azienda dovrà trasmettere la documentazione necessaria all’ufficio CCPB di Brescia. Tale documentazione comprende la richiesta di accesso al Sistema di Controllo Vini Varietali ed il contratto per i Servizi di Controllo e Certificazione Denominazioni Protette.
Sia i vini blend che varietali rappresentano scelte stilistiche e strategiche del produttore, influenzate da terroir, tradizione e obiettivi di gusto.