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Facciamo un breve viaggio nella storia del vino, dalle sue origini ai giorni nostri.

Le origini del vino

La vite ha origini antichissime. L’uomo ha iniziato a lavorare il terreno e a selezionare le varie specie per la coltivazione, come la Vitis Vinifera Silvestris, già nel Neolitico, 5 mila anni fa.

Ci sono testimonianze nella Bibbia e numerosi geroglifici raffigurano come si produceva il vino nell’antico Egitto.

Furono i Fenici e i Greci ad introdurre il vino in Europa e nel nostro Paese. Gli antichi greci colonizzarono l’Italia meridionale e portano la coltivazione della vite. La vitivinicoltura venne poi ripresa prima dagli Etruschi, poi dagli antichi romani.

La fermentazione spontanea dei succhi d’uva ha dato origine al vino come bevanda e in seguito le procedure si sono affinate di generazione in generazione, grazie al contributo di tutti i popoli che hanno abitato le aree dove si coltivava la vite.

Come bevevano il vino i romani? Le tipologie e le aggiunte aromatiche

Ai Romani si deve l’origine del vino in vaste aeree della Francia e della Germania, nonché le origini dell’enologia, la scienza che studia la produzione del vino.

Come bevevano il vino i romani? A differenza del vino che conosciamo noi, quello che bevevano i romani non poteva essere classificato come i nostri amati Vermentino, Monica o Cannonau, ma poteva essere distinto, come ai giorni nostri, per la qualità d’uva utilizzata e in base alle caratteristiche organolettiche, ad esempio: dolce (dulce), morbido (soave), molle (lene), debole (fugens), pieno (firmum), aspro, austero e alcolico.

La bevanda era caratterizzata da un grado alcolico più elevato; infatti, veniva diluita con l’acqua calda o fredda (generalmente due parti di acqua con una di vino) per poterne bere in quantità senza cadere nell’ubriachezza. All’inizio del banchetto veniva nominato in maniera casuale un magister bibendi, il quale aveva il compito di scegliere le parti di acqua e vino senza consumarne lui stesso: doveva rimanere lucido per osservare i conviviali.

Spesso il vino veniva anche aromatizzato con delle aggiunte, come acqua marina (che sostenevano aiutasse la digestione e avesse proprietà lassative), sale, gesso, resina, piante aromatiche (rosmarino, anice, finocchio) o reso più dolce con del miele e aromi al mosto.

Un vino particolarmente profumato gradito dai bevitori era l’ippocras, ossia vino, ambra, pepe, mandorle, muschio, susina, zenzero, cannella, chiodi di garofano e fiori di macis.

In più, a seconda del momento conviviale, veniva scelto il tipo di vino da consumare. Ad esempio, per gli antipasti, era preferito aggiungere dei fiori al proprio vino, come le rose e le viole, rendendolo profumato e virando il colore al rosato o violaceo.

Veniva poi prodotto anche il cosiddetto assenzio romano (foglie di assenzio infuse in un vino di un grado alcolico molto elevato) e il mulsum, vino fatto dalla prima spremitura delle uve del Falemo e del Cecubo aggiunto di miele attico, il più apprezzato dai romani. Il mulsum subiva un processo di filtrazione all’interno di anfore, poi messe su un ripiano in una posizione rialzata rispetto a un focolare, così da affumicare il vino e conferirgli il gusto tipico del mulsum. Siccome questo era una qualità di vino costosa, chi avesse voluto avvicinarsi alla degustazione di una bevanda simile poteva mescolare sul momento vino e miele, non ottenendo chiaramente lo stesso risultato.

Un’altra pratica ricercata era quella di andare a raccogliere la neve sui monti (con tutta la difficoltà di non farla sciogliere durante in ritorno) per poter raffreddare il vino. Ancora, sovente i Romani trasformavano il vino bianco in rosso, processo di cui si trova tramandata la tecnica.

I vini più pregiati, invece, venivano bevuti “lisci” e, precedentemente alla consumazione, subivano un processo di invecchiamento, che aveva luogo al sole o in una soffitta.

Infine, per la convinzione (errata) che aiutasse la conservazione del vino, talvolta venivano fatte delle aggiunte di scaglie di ostriche tritate o di cenere (aggiunte non propriamente commestibili). Queste modificavano il gusto e provocavano disagi fisici come dolori di stomaco, cefalee, vertigini. Capitò anche che si utilizzasse un’erba velenosa della famiglia delle Solanacee per la profumazione del vino.

La raccolta e la preparazione del vino

La vendemmia veniva eseguita a mano o con dei coltelli adatti. Successivamente l’uva raccolta veniva portata nelle cantine dove si sarebbe svolta la selezione degli acini più maturi (destinati ai vini migliori) e quelli più acerbi che, mischiati anche ad acqua e vinacce, erano utilizzati per la produzione dei vini per gli schiavi. Questo si chiamava la lora, cioè vinello. Gli schiavi, come i contadini e gli operai, potevano godere di tre quarti di litro al giorno (in media era di 260 litri/anno).

Come talvolta succede ancora in Italia, dove in alcune zone rappresenta una vera e propria tradizione, a produrre il vino erano uomini e donne che schiacciavano con i piedi i grappoli all’interno di catini in muratura, le calcatorie. Dopodiché il mosto fiore ottenuto, cioè il succo completo di semi, bucce e raspi, veniva riposto nei torchi a leva dove poteva essere schiacciato ulteriormente e poi filtrato.

La fermentazione avveniva, in seguito, nei dolia (grandi contenitori in terracotta), anche se spesso ospitavano il vino per il processo dell’invecchiamento o per il trasporto. I Romani furono i primi ad usare botti di legno e recipienti in vetro e a creare dei veri e propri negozi in cui si poteva acquistare il vino. Grazie a loro, le tecniche vitivinicole conobbero un forte sviluppo.

Infine, nel caso la limpidezza del vino non fosse sufficiente, si aggiungeva albume d’uovo o latte di capra, un’aggiunta curiosa per noi del ventunesimo secolo.

Anche i Romani avevano i degustatori, e proprio grazie a loro potevano essere eseguite le distinzioni sensoriali citate precedentemente.

Dalla prima metà del I sec. a.C., secondo Plinio i vini italiani erano, per fama, alla pari dei raffinati greci. Tuttavia, all’epoca si vedevano emergere quelli spagnoli, grazie alla loro conquista dell’Ibera. Successe infatti che l’Italia, che non aveva più schiavi poiché non più vittoriosa di guerre, prese l’abitudine di importare in grandi quantità il vino da Spagna, Grecia e Gallia, tanto che Domiziano cercò di proibire la piantagione di nuove viti, per evitarne l’ulteriore abbandono. L’editto, però, fu pressocché ignorato e nel 280 d.C. Probo fece ripiantare i vitigni che erano stati estirpati.

Quanto vino bevevano i romani?

Nell’antica Roma il gusto del vino era destinato solo agli uomini, per di più solo ai facoltosi e con più di 30 compleanni alle spalle. La donna era spesso controllata dalla suocera, che poteva sentirne l’alito per verificare che non odorasse di vino: anche un solo assaggio avrebbe fatto sì che la donna fosse considerata adultera.

Poi, dall’età imperiale anche la donna poté iniziare a godere della bevanda (almeno il vino passito), per poi partecipare, nell’età etrusca, anche ai banchetti.

Il vino era una bevanda costosa che iniziò a diffondersi soprattutto per i festeggiamenti delle conquiste territoriali, in taverne e nello specifico negli enopolium e thermopolium, luoghi di vini e cibo.

Proprio per questo, i vini venivano consumati durante attività illegali (gioco d’azzardo e prostituzione) e per limitare il consumo di vini scadenti furono redatte delle regole circa i contenitori dai quali poteva essere o meno servito e vennero, inoltre, applicate delle tassazioni.

Il vino tra il Medioevo e il Rinascimento

La nascita del Cristianesimo e la caduta dell’Impero Romano d’Occidente segnano l’inizio di un periodo buio per il vino, in cui non abbiamo testimonianze di progressi tecnici, ma la produzione del vino si è tramandata soprattutto grazie al fatto che era uno degli alimenti principali, assieme al pane, per le popolazioni dell’epoca. Il vino veniva utilizzato nei riti religiosi cristiani e questo, insieme all’opera di riscrittura degli antichi trattati da parte dei monaci, ha fatto sì che i princìpi dell’enologia e della coltivazione della vite venissero tramandati fino al Rinascimento.

Grazie alla competizione con il caffè, tè, cioccolato e altre bevande, i produttori di vino iniziarono a perfezionare le tecniche di conservazione e vennero introdotte le bottiglie di vetro e il sughero.

Una data da ricordare nella storia del vino è il 1668, anno di nascita dello Champagne, invenzione attribuita al monaco benedettino Perignon che, secondo la leggenda, in seguito ad un errore di vinificazione che portò allo scoppio di alcune bottiglie, ne utilizzò alcune più resistenti in grado di sopportare la pressione e che permettevano all’anidride carbonica di sciogliersi nel vino durante la fermentazione.

Storia del vino in Italia

Dal 1850 in poi il vino divenne sempre più importante, ma è dalla seconda metà del Novecento che si iniziarono ad istituire le prime denominazioni di origine controllata che negli anni a seguire hanno portato l’Italia a primati mondiali al pari della Francia.

Vennero scelti i vitigni che più si prestavano alla coltivazione nelle varie zone e specie autoctone minori scomparvero. Specie d’Oltralpe idonee a determinate aree vennero importate e divennero parte integrante del territorio e delle tradizioni. Siamo arrivati all’epoca della viticoltura moderna.

L’introduzione di nuove tecniche innovative di vinificazione dagli anni ’60 permisero di realizzare vini che hanno ottenuto premi e riconoscimenti internazionali di prestigio.

A partire dagli anni Settanta la produzione si rivoluziona, i gusti dei consumatori cambiano e così i produttori decidono di puntare sulla qualità, producendo vini più leggeri e meno strutturati.

Nel 2016 è entrato in vigore il Testo Unico del Vino. Si tratta di 90 articoli contenenti normative semplificate in materia di produzione, commercializzazione ed etichettatura.

La vite e i vitigni

Esistono diverse varietà di vini, si spazia dai vini bianchi a quelli rossi fino a quelli liquorosi o aromatici.

La vite è un arbusto rampicante che cresce spontaneamente e si diffonde attraverso gli uccelli che ne mangiano i frutti. Predilige terreni calcari e una buona esposizione al sole.

L’uva è il frutto della vite, a contenuto zuccherino, si tratta di una bacca detta acino (o chicco) derivato dalla fecondazione e maturazione del fiore. La presenza dei lieviti e l’elevato grado zuccherino del succo, contenuti naturalmente nell’uva, provocano la naturale fermentazione formando il vino. Gli acidi contenuti nell’uva rimangono in parte nel vino e assieme al contenuto alcolico svolgono un’azione battericida, eliminando molti agenti patogeni per l’uomo.

Il vino prodotto dallo stesso vitigno presenterà delle caratteristiche simili. Il gusto del vino dipenderà da diversi fattori:

  • Dal tipo di terreno in cui è coltivato.
  • Dal clima.
  • Dalle tecniche di vinificazione e di maturazione.

Per tutti i vini di qualità esistono dei disciplinari che indicano per ciascuna zona enologica il tipo di vitigni la cui coltivazione è ammessa e le modalità di coltivazione e lavorazione. I vini che rispettano questi regolamenti prendono la sigla DOC (Denominazione d’Origine Controllata) e DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita).

Le Cantine di Dolianova privilegiano i vitigni più tipici della nostra isola, spesso autoctoni, capaci di dare uve di qualità eccelse, come il Cannonau, il Vermentino, Monica, Nuragus, Nasco, Malvasia e il Moscato. Scegliendo il nostro vino potrete gustare tutta la qualità dei migliori vitigni sardi.

La degustazione di un vino parte osservando in tutti i suoi dettagli la bottiglia. Le informazioni contenute sull’etichetta, il colore e lo spessore del vetro della bottiglia raccontano tanto su ciò che contiene.

Nell’etichetta troviamo: la tipologia, la zona di provenienza, il grado alcolico e la data della vendemmia. In un vino d’annata, il livello di riempimento della bottiglia può indicare se è stata ben conservata. Infatti, si riduce il liquido se è stata tappata in maniera scorretta.

Dopo questo tour nella storia del vino, immergetevi in un altro viaggio, quello del gusto e del sapore di una bottiglia firmata Cantine di Dolianova!

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