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Chi non si è trovato in difficoltà almeno una volta nella vita passando nel reparto dei vini?

Così tanta scelta, così tante bottiglie di vino di provenienza diversa e spesso con qualche dicitura non molto chiara.

A tutti piace avere una buona bottiglia di vino in casa da sfoggiare nelle occasioni speciali, ma in pochi sanno davvero scegliere quella giusta. E ancora meno sono le persone che sanno decifrare il senso di un’etichetta.

Perché come per ogni prodotto alimentare, anche i vini hanno una loro etichetta, ovvero una loro carta d’identità. Questa deve dare al consumatore informazioni vere e verificabili riguardanti il contenuto della bottiglia che non si vede l’ora di aprire. Come fare a scegliere tra il Naeli Vermentino di Sardegna DOC e il Terresicci Rosso Isola dei Nuraghi IGT prodotti dalle Cantine di Dolianova?

Sicuramente imparare ad analizzare come le etichette del vino sono composte, può aiutarci a scegliere la bottiglia che più si adatta ai nostri gusti. Così finalmente potremo capire il significato delle diverse diciture che sono contenute nelle etichette e quindi come si riconosce una bottiglia contenente un vino DOCG.

Cos’è un DOCG?

La denominazione di origine controllata e garantita viene creata in Italia all’inizio degli anni ’60 sul modello usato in Francia per la denominazione di origine.

Il marchio nasce per garantire la qualità dei vini italiani più pregiati provenienti da una zona geografica in particolare. In realtà per trovare il primo vino DOCG prodotto in Italia bisogna attendere il 1980; ad oggi nel nostro paese sono riconosciuti ben 74 vini.

I vini DOCG così come i vini DOP per ottenere questo marchio di qualità devono soddisfare determinate caratteristiche. Come prima cosa i vini italiani devono essere già riconosciuti come vini DOC da almeno 10 anni; inoltre la loro fama deve essere ben consolidata.

Quando parliamo di un vino DOCG abbiamo di fronte un prodotto pregiato. Il pregio di cui questi vini possono vantarsi è dovuto al fatto che sono il risultato di una lavorazione controllata, che avviene in un’area territoriale ben delimitata: a volte si tratta della frazione di un comune italiano.

Ulteriore garanzia della qualità dei vini DOCG sono i due esami organolettici fatti in fase di produzione e in fase di imbottigliamento, infine l’assaggio da parte di una commissione preposta che deve verificarne i requisiti.

Ma come si riconosce una bottiglia contenente un vino DOCG?

Sul collo della bottiglia deve essere presente la fascetta stampata dall’Istituto Poligrafico e Zecca di Stato su cui è impresso il sigillo della Repubblica, come garanzia della qualità del vino e il numero identificativo per la rintracciabilità della bottiglia.

E poi ovviamente bisogna leggere l’etichetta, nella quale deve essere riportato il nome della zona in cui il vino è prodotto, come Carmignano, oppure il nome tradizionale del vino insieme alla zona in cui si produce, come per il Vino Nobile di Montepulciano.

Nell’etichetta deve essere specificata anche l’annata della bottiglia, a differenza di quanto avviene con i vini frizzanti e gli spumanti.

L’etichetta è nostra alleata

Bisogna vedere le etichette del vino come una carta d’identità, che ci fanno conoscere le informazioni essenziali riguardanti il contenuto che andremo a bere e ci garantiscono la sua qualità.

Quindi mettiamo subito in chiaro che un vino costoso non sempre è il migliore che il mercato può offrirci; piuttosto fidiamoci di quello che l’etichetta ci dice, perché lì sono contenute tutte le risposte che stiamo cercando.

Quanto riportato sulle etichette del vino applicate alle bottiglie o alle confezioni delle stesse è regolamentato dalla legislazione europea.

Questo fa sì che la produzione e la commercializzazione dei vini fra i diversi Paesi avvenga in maniera sicura, leale ed egualitaria.

Tutto ciò è possibile perché nelle etichette del vino devono essere incluse delle indicazioni obbligatorie, che forniscono informazioni circa il vino, il produttore, il Paese in cui è prodotto, la quantità di vino e di alcool contenuti nella bottiglia, l’anno di confezionamento e la presenza di eventuali allergeni, e altre informazioni non sempre necessarie.

La piramide dei vini

La legislazione europea classifica i vini secondo una piramide qualitativa:

  • vino generico, è alla base della piramide e sarebbe il comune vino da tavola e in questo caso la parola vino è seguita da un aggettivo che specifica il colore della bevanda;
  • vino varietale, è un vino generico in cui è specificata la dicitura riguardante il vitigno oppure l’annata;
  • vino IGP, ovvero l’indicazione geografica protetta e stabilisce che la sua qualità dipende dal fatto che è stato prodotto, trasformato oppure elaborato in una data zona geografica;
  • vino DOP, ovvero la denominazione di origine protetta e garantisce che la qualità del vino dipende esclusivamente dal territorio in cui è stato prodotto.

Grazie a una concessione legislativa dell’Unione Europea, i vini italiani possono essere classificati anche in vino di indicazione geografica tipica (IGT), in vini di denominazione di origine controllata (DOC) e vini di denominazione di origine controllata e garantita (DOCG).

A prescindere dal vino che si vuole comprare, bisogna essere certi che tutte le informazioni necessarie siano chiaramente leggibili nello stesso spazio dell’etichetta, quindi in un unico campo visivo.

In vino veritas

Come abbiamo detto prima, le etichette di tutti i vini devono contenere indicazioni obbligatorie e possono tralasciarne delle altre.

Fanno parte della prima categoria:

– il nome del vino seguito dalla sigla che lo caratterizza, come DOP o IGP e da indicazioni specifiche come Riserva, Superiore e Classico, oppure la fascia alla quale appartiene, come vino frizzante o vino da tavola;

– il nome o il marchio dell’imbottigliatore, cosicché volendo risalire lungo la catena di produzione, esso è la prima persona alla quale dovremmo rivolgerci per eventuali problemi;

– il paese di provenienza, che può essere espresso attraverso la formula “prodotto in Italia”, oppure con il codice alfanumerico ICQRF;

– il volume nominale misurabile in litri, centilitri oppure millilitri;

– la percentuale di alcool sul volume;

– il lotto, che garantisce la rintracciabilità del prodotto;

– la presenza di allergeni, che deve essere manifestata attraverso la dicitura “contiene solfiti”, oppure “contiene anidride solforosa”.

Qualcosa da aggiungere

Tra le informazioni facoltative troviamo:

– il nome di fantasia del vino, che non deve assomigliare a quello di altri prodotti certificati per non ingannare il consumatore, come il Prošek croato che non ha niente a che fare con il Prosecco nostrano;

– il riferimento ad altri soggetti che hanno preso parte al processo di produzione del vino o all’azienda agricola;

consigli vari sulla conservazione, la temperatura di servizio e gli abbinamenti da fare con altri alimenti;

– le caratteristiche organolettiche;

elementi come i segni in braille, qr-code e altri.

In nessun caso le diciture inserite nelle etichette devono elogiare il vino esaltandone una caratteristica a discapito delle bottiglie di altri produttori.

Tutto ciò che viene riportato, deve essere sempre dimostrabile. Arrivati a questo punto possiamo attraversare il reparto vini del supermercato con più sicurezza e quando vorremo regalare una bottiglia delle Cantine di Dolianova, possiamo essere sicuri di aver scelto una bottiglia di ottima qualità.

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