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L’anidride solforosa (o diossido di zolfo) è un gas incolore dall’odore pungente e “di bruciato”. La sua formula molecolare è SO2.

L’anidride solforosa è utilizzata nella produzione dei vini per la sua funzione antiossidante, antisettica e solubilizzante. Inoltre, se utilizzata nella giusta quantità ne esalta le caratteristiche organolettiche. Viceversa, qualora fosse utilizzata in quantità eccessive, altererebbe l’odore e il sapore del vino rendendoli sgradevoli, oltre ad avere effetti dannosi per la salute.

Nonostante nel linguaggio comune l’anidride solforosa rientri nella categoria dei solfiti (come il metabisolfito di potassio o il solfito di sodio), in realtà non ne fa parte. Infatti, mentre l’anidride solforosa è gas (anche se può essere utilizzata in forma liquida), i solfiti sono polveri stabili. Detto ciò, la dicitura in etichetta dedicata a indicare la presenza di solfiti nel vino include l’anidride solforosa.

Ad oggi, l’uso dell’anidride solforosa in enologia è ritenuto essenziale, tant’è che la si trova anche nei vini biologici (seppur in minore quantità). Tuttavia, nonostante sia essenziale, presenta dei rischi. Ecco perché, come vedremo in seguito, l’utilizzo di tale gas è regolamentato dall’Unione Europea per evitare che il vino risulti tossico per l’organismo.

Vediamo nel dettaglio l’anidride solforosa nel vino a cosa serve e quali sono le sue caratteristiche chimiche.

Caratteristiche chimiche dell’anidride solforosa

Prima di spiegare l’anidride solforosa nel vino a cosa serve, chiariamo la differenza tra libera e combinata. L’unione delle due è detta “anidride solforosa totale”.

  • L’anidride solforosa libera è l’insieme delle forme di anidride solforosa liberabili tramite acidificazione, ovvero solforosa molecolare, ione bisolfito e ione solfito. Questa è la parte di anidride solforosa responsabile della conservazione del vino;
  • l’anidride solforosa è detta invece combinata quando legata più o meno stabilmente con alcuni composti del vino, fra cui zuccheri, acetaldeide, acidi chetonici, ecc. Nonostante l’anidride solforosa combinata non svolga direttamente un ruolo antiossidante o antisettico, è comunque importante: può infatti liberarsi e sostituire l’anidride solforosa libera che viene dispersa durante alcuni passaggi.

Ma andiamo al dunque e capiamo la sua funzione.

Anidride solforosa nel vino: a cosa serve?

Come abbiamo già accennato, le funzioni principali dell’anidride solforosa nel vino sono:

  • funzione antiossidante;
  • funzione antisettica;
  • funzione solubilizzante;
  • modifica delle caratteristiche organolettiche.

Andiamo un po’ più nello specifico.

Azione antiossidante

L’ossidazione è uno dei principali rischi da affrontare durante tutto il processo di vinificazione, dalle primissime fasi di raccolta dell’uva fino alla conservazione del prodotto finale. Ed è proprio a tale proposito che l’anidride solforosa entra in azione.

Per essere più precisi, l’azione dell’anidride solforosa è di contrasto all’ossidazione dei composti fenolici, delle sostanze coloranti e aromatiche, dei tannini, del ferro e infine dell’alcol, garantendo una migliore conservazione e qualità del vino.

I momenti in cui il rischio di ossidazione è maggiore, oltre alla raccolta e al trasporto dell’uva, sono tutte le operazioni come filtrazioni o imbottigliamento. In questi casi è di solito necessario aggiungere ulteriore SO2. Inoltre, quando il vino è ricco di enzimi, muffe o metalli catalizzatori il rischio di ossidazione è ancora più elevato.

Azione antisettica

L’anidride solforosa ostacola l’espansione della flora microbica (batteri e lieviti), favorendo la conservazione corretta del vino ed evitando l’intorbidimento. L’azione risulta più efficace se, oltre all’aggiunta di SO2, si procede anche ad un’operazione di filtraggio.

È importante notare che l’azione dell’anidride solforosa contro batteri e lieviti è selettiva. Agisce contro gli organismi indesiderati, lasciando invece inalterata l’azione dei batteri o lieviti utili per la loro azione durante la fermentazione. Quest’azione selettiva è possibile grazie alla diversa sensibilità alla sostanza dei vari tipi di lieviti, batteri o microrganismi in generale.

Quando l’attività dei lieviti nel mosto è completamente bloccata da una quantità elevata di anidride solforosa si parla di “mosto muto”.

Azione solubilizzante

L’azione solubilizzante dell’anidride solforosa è utile per l’estrazione del colore e dei tannini presenti nella buccia dell’uva rossa durante la macerazione. Inoltre, agevola l’estrazione di acidi e minerali.

In generale, questa azione è desiderabile solo per il vino rosso; nel caso del vino bianco l’anidride solforosa viene aggiunta successivamente, in modo da evitare l’ingiallimento del mosto.

Le caratteristiche organolettiche

L’anidride solforosa, agendo contro l’ossidazione degli aromi, svolge un ruolo importante per quanto riguarda l’odore e il sapore del vino, accentuandone e migliorandone le caratteristiche organolettiche.

A tale scopo è importante che la SO2 sia aggiunta al termine della fermentazione alcolica. In caso contrario il vino avrà odore “di uova marce” o, per essere esatti, di anidride solforosa.

Quando e come sono utilizzati l’anidride solforosa e i solfiti?

Se vogliamo riassumere i tre casi principali di utilizzo dell’anidride solforosa nel vino, sono questi:

  1. ogniqualvolta il vino entra in contatto con l’aria, per esempio durante travasi, filtrazioni o imbottigliamento;
  2. nel caso dei vini rossi: prima della fermentazione alcolica per estrarre colore e tannini dalla buccia dell’uva;
  3. nel caso dei vini bianchi: nel mosto, evitando così che inizi la fermentazione alcolica e permettendo che le parti solide decantino.

L’anidride solforosa e i solfiti in generale possono essere utilizzati sotto diverse forme, come:

  • solforosa liquida: anidride solforosa che, a temperatura ambiente, si presenta allo stato liquido;
  • soluzioni solfitanti: soluzioni acquose a base di bisolfito di potassio, più sicure da utilizzare rispetto alla solforosa liquida;
  • metabisolfito in polvere (di cui il 55% è formato dall’anidride solforosa): venduto in forma di sali, semplicissimo da utilizzare e dunque perfetto qualora si voglia produrre il vino in casa.

Effetti dell’anidride solforosa sull’organismo

I possibili effetti collaterali dell’anidride solforosa si manifestano, di solito, solo se questa è presente in quantità altamente superiori a quanto consentito dalla normativa europea (di cui parleremo nel prossimo paragrafo). Infatti, quantità eccessive di SO2 possono risultare tossiche o addirittura letali, ma non c’è pericolo di allarmarvi dato che la quantità di tale additivo nel vino è soggetta a regolamentazione.

Fatta questa premessa, gli effetti possibili sono vomito, irritazione della mucosa gastrica o, in caso di ipersensibilità alla sostanza, asma o difficoltà respiratorie. Inoltre, tutti conosciamo l’effetto più comune: il mal di testa. Tuttavia non è ancora chiaro quanto questo possa dipendere dall’anidride solforosa o dall’eccessiva assunzione di etanolo quando si beve un bicchiere di troppo.

Un consiglio utile, per diminuire la quantità di anidride solforosa contenuta nel vino, è quello di farlo sempre decantare per almeno 30 minuti prima di berlo. Inoltre, la decantazione separa il vino dai sedimenti che potrebbero alterarne il sapore. In questo modo le caratteristiche organolettiche saranno esaltate e il vino sarà più gustoso al palato, specialmente quando parliamo di un vino di qualità come il Blasio Cannonau di Sardegna DOC Riserva – Cantine di Dolianova.

Normativa europea

L’Unione Europea stabilisce la quantità massima di anidride solforosa che può essere presente nel vino prodotto dai paesi membri. I limiti sono:

  • 150 mg/l nei vini rossi;
  • 200 mg/l nei vini bianchi o rosati.

In annate sfavorevoli è possibile sollevare il valore fino a un massimo di 40 mg/l.

La quantità massima giornaliera consigliata dall’OMS per persona è di 0,7 mg kg di peso corporeo.

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