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I lieviti sono piccoli organismi viventi unicellulari classificati come funghi in grado di riprodursi molto rapidamente in particolari condizioni ambientali per gemmazione o scissione.

Differenti tra loro nella forma, che può essere ellittica, rotondeggiante o apiculata, questi corpi hanno una dimensione che varia tra i 2 e i 40 macron e vengono classificati in aerobici ed anaerobici in base alla loro capacità di vivere in presenza o in assenza di ossigeno.

Tra le tipologie conosciute, i lieviti del vino si caratterizzano per la loro funzione determinante nel processo di fermentazione, durante la quale svolgono l’importante compito di trasformare gli zuccheri in alcool e in anidride carbonica.

Da questa fase della vinificazione dipende anche la buona riuscita del prodotto finale e la sua qualità.

Lieviti e produzione del vino: la fermentazione

La fermentazione fu considerata per lungo tempo un mistero, le cui origini diedero luogo a supposizioni e teorie, che la ritenevano un processo di decomposizione delle sostanze organiche presenti nel mosto.

Nel XVIII secolo il primo a comprendere il processo fu Antoine Lavoisier, che intuì che gli zuccheri presenti naturalmente nell’uva si trasformavano in alcool e anidride carbonica.

Successivamente, nel XIX secolo, un chimico francese di nome Joseph Louis Gay-Lussac trovò la formula matematica che regolava questo processo, ma fu Louis Pasteur, esattamente nel 1854, a comprendere che la fermentazione derivava dall’attività dei lieviti in assenza di ossigeno.

Questa intuizione derivò dai suoi studi sulla produzione di sostanze come acido lattico e acetico durante la vinificazione, che arrivò ad attribuire ad organismi viventi, i lieviti appunto, di qui la sua definizione della fermentazione come “fenomeno connesso alla vita”.

Oggi è appurato che l’azione dei lieviti presenti naturalmente nell’uva, trasportati dal vento e dagli insetti presenti sulla buccia degli acini, è fondamentale per conferire al prodotto finale stabilità e qualità, tuttavia alcune tipologie non sono adeguate alla vinificazione.

Come intuì Pasteur, infatti, alcune specie di lieviti naturali producono sostanze, come l’acido acetico, in grado di ostacolare la fermentazione del vino influenzandone negativamente aroma e struttura.

Ecco perché oggi in ambito enologico si tende sempre più ad avvalersi di lieviti detti selezionati al posto di quelli autoctoni o naturali, garantendo così una fermentazione efficace ed un prodotto di qualità.

Ecco quali sono le differenze tra le due tipologie di lieviti e come vengono utilizzati nel processo di produzione del vino.

Lieviti naturali e lieviti selezionati: definizione e differenze

I lieviti autoctoni o naturali, per quanto permettano di mettere in relazione il vino prodotto con il suo territorio, non sempre sono adatti a produrre vini di qualità a causa della poca propensione alla fermentazione.

Sebbene nel mondo del vino siano ancora tanti coloro che si avvalgono esclusivamente di questi lieviti per preservare la tradizione e come omaggio al territorio, i lieviti selezionati sono sempre più utilizzati da chi cerca un risultato più stabile.

Questa decisione nasce proprio dalla consapevolezza dei limiti legati all’esclusivo uso dei lieviti naturali, ritenuti spesso pericolosi per le sostanze indesiderate di cui sono ricettacolo.

Questi lieviti favoriscono la fermentazione in modo del tutto naturale, entrando a contatto con l’uva dopo la pigiatura, innescando così il processo senza il ricorso ad altri strumenti.

Se prima delle scoperte di Pasteur, dunque, la qualità di un vino e le sue caratteristiche organolettiche erano strettamente ed unicamente collegate alla qualità dell’uva, all’ambiente e dunque ai lieviti naturalmente presenti in esso, dopo le scoperte sulla fermentazione si è iniziato a mettere in discussione la loro utilità.

Allo scopo di migliorare la qualità del prodotto finale sono state quindi avviate alcune ricerche finalizzate a studiare le diverse tipologie di lieviti fino alla creazione di vere e proprie colture selezionate e all’introduzione di nuove pratiche, come la fermentazione del mosto.

Proprio questa pratica avrebbe generato lunghe discussioni, dividendo coloro che la ritenevano responsabile di alterare le proprietà del vino, modificandone i legami con il territorio da chi, invece, forte di studi e ricerche, affermava che essa fosse indispensabile per ottenere un prodotto eccellente.

Noti come LSA (ossia lieviti secchi attivi), i lieviti selezionati si trovano come prodotti liofilizzati e venduti sotto forma di bastoncini, che dovranno essere preparati e riattivati.

Per utilizzarli correttamente è necessario, infatti, scioglierli in acqua tiepida con concentrazione dai 10 ai 20 grammi per ettolitro, lasciandoli idratare.

Dopo questo processo i lieviti reidratati si aggiungono al mosto per favorirne la fermentazione.

Le tipologie in commercio sono diversificate per caratteristiche e usi, da quelle per la produzione di vini comuni, a quelle per vini spumanti o frizzanti, bianchi di qualità o rossi di annata.

Il ceppo più utilizzato tra i lieviti selezionati è il Saccharomyces, che si differenzia dalla specie Cerevisiae, impiegato per mosti dal residuo zuccherino normale e dalla varietà Bayanus, spesso impiegato per mosti zuccherini e spumanti prodotto con metodo classico.

Lieviti e spumantizzazione: metodo classico e metodo Charmat

Proprio la produzione degli spumanti prevede l’aggiunta di lieviti selezionati per favorire il processo di fermentazione o, più nello specifico, la formazione delle bollicine e della classica “schiuma” che caratterizza questi vini.

Nel metodo classico i lieviti selezionati favoriscono infatti questo processo permanendo a lungo nelle bottiglie, mentre nel metodo Charmat Martinotti gli stessi lieviti sono addizionati con lo zucchero e accelerano il processo di fermentazione all’interno delle botti.

Il Càralis, lo spumante brut Chardonnay firmato Cantine di Dolianova, è ottenuto da lieviti selezionati secondo un processo di pressatura soffice.

Il mosto ottenuto viene immediatamente raffreddato per poi essere separato dalle fecce mediante sedimentazione statica e avviato alla prima fermentazione condotta da lieviti selezionati, alla temperatura di 12°C per un periodo di circa due settimane.

Completata la prima fermentazione, il vino base viene avviato alla presa di spuma in autoclave.

Terminata la presa di spuma, permane a contatto con i propri lieviti e quindi imbottigliato.

Lo Sçaleri, spumante demi-sec Malvasia sarda, è ottenuto, invece dal mosto immediatamente raffreddato e poi separato dalle fecce mediante sedimentazione statica e avviato alla presa di spuma in autoclave.

Lieviti selezionati e fermentazione: i vini Cantine di Dolianova

Dolì Rosè

Tra i vini frizzanti Cantine di Dolianova, il Dolì Rosé è ottenuto da una leggera pressatura delle uve e il mosto viene immediatamente raffreddato per poi essere separato dalle fecce mediante sedimentazione statica e avviato alla prima fermentazione condotta da lieviti selezionati, alla temperatura di 14°C per un periodo di circa due settimane.

Completata la prima fermentazione, il vino base viene avviato alla presa di spuma in autoclave per un periodo di circa 40 giorni.

Sibiola

Tra i rosati, il Sibiola, si produce con una breve macerazione a freddo sulle bucce, il mosto viene poi separato e avviata la fermentazione mediante lieviti selezionati.

La temperatura di fermentazione è di 14°C per un periodo di due settimane.

Dopo tale periodo il vino sosta a contatto con le proprie fecce nobili per circa un mese.

La fermentazione tramite lieviti selezionati, alla temperatura di 14°C per un periodo di circa due settimane permette di produrre anche il Dolì, vino frizzante da uve bianche autoctone.

Passito

Il Passito Cantine di Dolianova si produce con macerazione a freddo del pigiato per 12 ore e successiva pressatura soffice.

Il mosto fiore viene fatto decantare a freddo e la frazione pulita è avviata alla fermentazione condotta da lieviti selezionati ad una temperatura di 12°C.

Vermentino Doc di Sardegna

Il Vermentino di Sardegna Doc Cantine di Dolianova viene prodotto con una macerazione a freddo del pigiato per una notte.

Il mosto fiore viene fatto decantare e la frazione pulita avviata alla fermentazione condotta da lieviti selezionati a una temperatura di 14°C per 15-18 giorni.

Segue poi l’affinamento sulle fecce nobili per circa 40 giorni e l’imbottigliamento nelle prime settimane dell’anno successivo alla vendemmia.

Nuragus di Cagliari Doc

Nel processo di produzione del Nuragus di Cagliari Doc, dopo una decantazione statica del mosto fiore ottenuto con una pressatura soffice degli acini, la parte pulita viene avviata alla fermentazione condotta da lieviti selezionati alla temperatura di 15°C per circa 15 giorni.

Si procede poi con il consueto affinamento sulle fecce nobili, mentre l’imbottigliamento avviene nella primavera successiva alla vendemmia.

Cannonau di Sardegna Doc

Per quanto riguarda il Cannonau di Sardegna Doc, in seguito alla svinatura il mosto ottenuto viene chiarificato per decantazione statica a freddo e la frazione pulita viene inoculata con lieviti selezionati.

La fermentazione è condotta alla temperatura di 14°C per quattordici giorni circa.

Finita la fermentazione, il vino è travasato e conservato a bassa temperatura per mantenere intatte le sue caratteristiche di freschezza e fragranza.

Monica di Sardegna Doc

Le tecniche di produzione del Monica di Sardegna Doc prevedono, invece, che le uve, dopo diraspapigiatura, siano avviate alla fermentazione, che si protrae per 8-10 giorni alla temperatura di 26°C.

Alla svinatura il vino è travasato in vasche di cemento vetrificato dove svolge la fermentazione malolattica.

Dopo un periodo di affinamento di alcuni mesi, viene imbottigliato e commercializzato non prima del 1º aprile successivo alla vendemmia.

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