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Ti è mai capitato di stappare una bottiglia di vino che avevi custodito con cura e ritrovarti nel bicchiere un colore spento, un profumo di mela cotta o addirittura un ricordo di aceto? Quello che stai assaggiando è il risultato dei processi di ossidazione: una reazione chimica innescata quando il vino entra in contatto con laria e l’ossigeno modifica la struttura di aromi, colori e sapori.

Che cos’è l’ossidazione del vino: il ruolo dell’ossigeno

Quando parliamo di ossigeno non dobbiamo pensare solo a un avversario. Piccole quantità di ossigeno – parliamo di milligrammi per litro – con un apporto controllato durante la fermentazione sono fondamentali per mantenere attivi i lieviti; in cantina si ricorre alla microssigenazione proprio per dosare una certa quantità mirata e regolare l’equilibrio del mosto. Lossidazione può essere quindi positiva se governata: migliora la stabilità del colore nei rossi, ammorbidisce i tannini e, in stili speciali come Sherry o Vin Jaune, crea bouquet tipici e subito riconoscibili.

Quando la presenza di ossigeno sfugge al controllo, però, l’ossidazione può trasformarsi in difetto: il vino brunisce, i profumi fruttati scompaiono, compaiono note di frutta secca o nocciola e aumenta la sensazione di secchezza al palato. Il rischio è maggiore per i vini bianchi, naturalmente più poveri di antiossidanti; ma anche i rossi, con il tempo, tendono a virare sull’aranciato e diventano vini rossi ossidati se non vengono protetti.

I segnali di allarme (da tenere a mente)

  • Viraggio di colore giallo oro-bruno nei bianchi, mattonato nei rossi.
  • Perdita di aromi freschi e comparsa di sentori di mela cotta, frutta secca o curry.
  • Bocca più asciutta, punte di amarezza, sensazione di vino “piatto”.

Questi indicatori, se colti durante la fase di affinamento o appena dopo l’apertura, aiutano il produttore e il consumatore a intervenire in tempo evitando l’ossidazione completa del vino.

Come evitare (e gestire) l’ossidazione: buone pratiche dalla cantina alla tavola

In cantina

  1. Limita il contatto con lossigeno già in pressa usando gas inerti – azoto o anidride carbonica – che creano un “cuscino” protettivo.
  2. Mantieni il mosto fresco e chiarificato: meno polifenoli e metalli significa minore propensione alle catene ossidative.
  3. Aggiungi anidride solforosa (i solfiti) in dosi calibrate: ossidandosi prima dei composti aromatici, funge da scudo naturale.
  4. Ricorri alla microssigenazione: un quantitativo di ossigeno dosato preserva la complessità senza compromettere la freschezza.

A casa

  • Riduci la superficie esposta: una volta aperta la bottiglia, travasa eventuali avanzi in contenitori più piccoli o usa pompe sotto vuoto.
  • Raffredda il vino: temperature basse rallentano la reazione.
  • Se non lo bevi subito, aggiungi un velo di anidride carbonica alimentare in spray, l’inerte più facilmente reperibile in cucina.
  • Ricorda che alcuni vini – per esempio Marsala, Madeira – sono stati concepiti proprio per “convivere” con l’ossigeno e possono essere conservati più a lungo senza problemi.

Perché ogni vino reagisce in modo diverso?

La sensibilità all’ossidazione dipende da pH, contenuto di polifenoli, presenza di metalli catalizzatori e, ovviamente, dal quantitativo di ossigeno già disciolto nel vino. Per questo può essere utile leggere le indicazioni del produttore: una Vernaccia in stile ossidativo avrà una naturale resistenza, mentre un Sauvignon Blanc fresco può essere più delicato. Il segreto sta nel trovare il giusto equilibrio fra protezione e sviluppo evolutivo.

Infine, non dimenticare che la bottiglia di vino stessa è un fattore cruciale: vetri scuri, livelli di riempimento alti e tappi di qualità riducono l’ingresso di ossigeno, mentre formati piccoli – mezze bottiglie – accelerano l’evoluzione perché la stessa quantità di aria è a contatto con un minor volume di liquido, generando trasformazioni più veloci.

In conclusione, l’ossidazione è parte integrante della vita di ogni vino: temerla serve a difendere freschezza e integrità, ma conoscerla aiuta anche a cogliere le sfumature dei grandi ossidativi. Con qualche accortezza – dalla vigna alla cantina e fino alla tavola– si può trasformare l’ossigeno da nemico invisibile a prezioso alleato del gusto.

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