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Secondo i dati pubblicati dall’Istat riferiti al 2018, il vino è la bevanda alcolica più consumata in Italia. I vini italiani sono rinomati e diffusi globalmente: gli ottimi vini delle Cantine di Dolianova, ad esempio, sono esportati nei 5 continenti e venduti in Paesi come Cina, Giappone, Canada, Usa, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Germania, Irlanda e tanti altri ancora.

È chiaro che, per consentire una vendita di tale portata e ad un prezzo accessibile, la produzione si è da numerosi decenni modernizzata e meccanizzata, secondo le modalità che ci sono oggi più familiari. Ma vi siete mai chiesti come si faceva il vino una volta?

In questo articolo racconteremo come si faceva il vino una volta: non intendiamo certo raccontare come avveniva la produzione durante l’Impero Romano o il Medioevo, tempi in cui il vino era già considerevolmente diffuso. Ci limiteremo in questa sede a raccontare come si faceva il vino prima delle modernizzazioni novecentesche.

Come si faceva il vino una volta?

La vendemmia avveniva, come oggi, fra agosto e ottobre. Poiché era necessaria tantissima manodopera, specialmente dei ragazzi, la scuola riapriva solamente al termine della vendemmia. L’uva veniva raccolta con l’aiuto di apposite cesoie e versata all’interno di cesti, scartando minuziosamente gli acini imputriditi.

L’uva (rigorosamente non lavata) veniva poi versata in una sorta di cassapanca di legno per essere pigiata, la quale era posta a circa un metro di altezza e alla cui base era presente una piccola perforazione che permetteva al mosto di fuoriuscire. Sotto il buco vi era un secchio atto a raccogliere il mosto. L’uva veniva tradizionalmente pigiata con i piedi, momento probabilmente più divertente per i numerosi ragazzi che partecipavano alla vendemmia.

Oggi la pigiatura viene invece eseguita con appositi macchinari, le diraspapigiatrici. Dopo la pigiatura, le vinacce rimaste venivano sottoposte a torchiatura: dalla torchiatura veniva fuori un liquido che si poteva trasformare o in grappa o in un vinello da essere consumato nei tre giorni successivi.

La fermentazione

Il mosto raccolto nel secchio veniva poi versato nei tini di fermentazione. Qui il vino fermentava per un tempo di circa 7 o 10 giorni insieme alle parti solide. Il tempo di fermentazione, o vinificazione, dipendeva dal tipo di uva e dal luogo in cui era stata raccolta. In questa fase il contenuto zuccherino del mosto inizia a trasformarsi in alcol etilico e anidride carbonica.

Durante la fermentazione, era importantissimo tenere il tutto costantemente sotto controllo. Bisognava assicurarsi che da nessun tino fuoriuscisse il mosto, il che non era un evento raro, specialmente nel caso di tini vecchi e malconci. Generalmente i contenitori venivano aggiustati prima della raccolta dell’uva, ma nel caso si notassero delle aperture durante la fermentazione queste venivano chiuse con del mastice apposito.

Il travaso in botte

Trascorso il tempo necessario per la fermentazione, il mosto veniva trasferito dai tini alle botti. Per questo travaso ci si serviva dell’imbottavino, un imbuto di legno la cui base si inseriva perfettamente nel cocchiume della botte. Il tino veniva tenuto saldamente da almeno due persone sopra l’imbottavino, mentre una terza persona vi faceva passare l’uva all’interno con le mani.

All’interno delle botti avveniva una seconda fermentazione ad una temperatura di circa 15°C, durante la quale gli zuccheri continuano a trasformarsi in alcol. Il materiale e le dimensioni delle botti di affinamento svolgono tutt’oggi un ruolo importantissimo per determinare le caratteristiche del vino.

Dopo il travaso in botte c’è una differenza, tutt’ora esistente, tra vini bianchi e vini rossi: nel caso dei vini bianchi questi possono essere immediatamente imbottigliati, mentre nel caso dei vini rossi è necessaria prima una fase di invecchiamento, che può durare anche 5 anni.

Come fare il vino in casa

Per gli appassionati che vogliono provare a produrre vino in casa in modo tradizionale, ecco le istruzioni:

  1. Dopo esservi procurati qualche chilo di uva rossa, procedete alla pigiatura: versate l’uva in una pentola o contenitore capiente, schiacciate per bene con l’aiuto di un bicchiere ed eliminate i raspi freschi (se sono secchi possono essere lasciati).
  2. Trasferite tutto in un fermentatore: i fermentatori si possono trovare in commercio di piccole dimensioni anche a basso prezzo, vanno bene anche fermentatori da birra. Montate poi il gorgogliatore sul coperchio e aspettate almeno una settimana o dieci giorni che la fermentazione sia terminata. Capirete che la fermentazione è terminata quando il gorgogliatore torna a livello.
  3. Terminata la fermentazione rimuovete il gorgliatore e trasferite il vino dentro un altro fermentatore (tramite l’apposito rubinetto del fermentatore) e strizzate con un colino le vinacce rimaste sul fondo per fare uscire ancora un po’ di liquido. Non spremete le vinacce eccessivamente o il vino non sarà buono. Tappate il fermentatore in cui avete trasferito il vino il più velocemente possibile e montate nuovamente il gorgogliatore sul coperchio.
  4. Lasciate il vino nel fermentatore per circa un mese e travasatelo per almeno altre due o tre volte, sempre lasciandolo fermentare per un mese tra un travaso e l’altro. Se il fermentatore è dotato di rubinetto travasate il vino tramite questo, altrimenti potete usare un colino coperto da una apposita garza.
  5. Infine, procedete all’imbottigliamento. Per l’imbottigliamento utilizzate un apposito tubo e tappate con tappi di sughero che potrete spingere all’interno della bottiglia con un semplice martello.

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