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Sulla tavola italiana non può mai mancare il buon vino. È il sintomo di una tradizione lunga migliaia di anni che viene conservata dagli amanti del mangiare bene ed è proprio a loro che dedichiamo questo articolo.

Produrre vino artigianalmente è un processo che richiede cura e dedizione e non accetta errori. Anche una piccola disattenzione, infatti, rischia di compromettere l’intero lavoro.

Parliamo di una fase cruciale della vinificazione: come pigiare l’uva e cosa rende questa operazione così fondamentale per la creazione del vino? Esploreremo poi le fasi successive.

Vendemmia

Prima di spiegare come pigiare l’uva, partiamo dalla prima fase della vinificazione, ovvero la vendemmia.

È fondamentale considerare sin da subito il periodo in cui dedicarsi a questa pratica, che deve tenere conto del grado di maturazione dell’uva. Non tutti i grappoli, infatti, maturano nella stessa stagione e il rischio che si corre è di alterare il sapore della bevanda. La vendemmia deve essere fatta nel momento esatto in cui il frutto raggiunge il giusto grado di maturazione.

Questa operazione viene eseguita oggi attraverso l’uso di macchinari, che rendono il processo più veloce e semplificato.

Come pigiare l’uva: tra tradizione e innovazione

La pigiatura è un vero e proprio rito che affonda le sue radici nelle pratiche antiche. In passato questo processo veniva eseguito schiacciando a piedi nudi o con appositi calzari l’uva appena raccolta, oppure utilizzando dei torchi vinari (ancora oggi usati per le produzioni casalinghe o amatoriali). In tempi moderni, questo processo ha subito delle evoluzioni ed è ormai affidato a delle macchine.

Come si chiama la macchina per pigiare l’uva?

La macchina utilizzata per la pigiatura delle uve è chiamata pigiatrice.

Tuttavia, poiché la fase di pigiatura è strettamente connessa a quella della diraspatura, ovvero della separazione degli acini dai raspi, le macchine più spesso utilizzate sono le diraspa-pigiatrici o le pigia-diraspatrici: macchinari in grado di svolgere entrambe le funzioni.

Ecco come funzionano questi tre macchinari.

La pigiatrice meccanica più semplice, perfetta per le esigenze di una piccola cantina a conduzione familiare, è la pigiatrice a rulli. Questa macchina viene azionata a mano, facendo girare una manopola collegata ad un volano. Una tramoggia conduce l’uva fra una coppia di rulli scanalati che ruotano in senso inverso.

Come abbiamo detto, tuttavia, le macchine la cui funzione è unicamente quella di pigiare sono meno diffuse rispetto alle cugine diraspa-pigiatrice pigia-diraspatricele quali, come abbiamo già accennato, combinano la funzione di pigiatura con quella della diraspatura. La differenza essenziale fra queste due macchine consiste nella fase che per prima viene eseguita: le diraspa-pigiatrici separano i raspi dagli acini prima di pigiarli, mentre le pigia-diraspatrici svolgono entrambe le funzioni simultaneamente, in un’unica operazione. Entrambe le macchine sono composte da coppie di rulli che svolgono funzioni differenti.

Nel caso della diraspa-pigiatrice, i grappoli d’uva vengono introdotti nella macchina, che li diraspa delicatamente, rimuovendo i raspi senza schiacciare le uve. Questo è un passaggio importante, poiché i raspi potrebbero conferire un sapore amaro al vino se fossero presenti durante la fermentazione. Successivamente, le uve diraspate cadono in una zona in cui i rulli della pigiatrice entrano in azione. I rulli esercitano una pressione controllata sulle uve, rompendo la buccia e consentendo al succo di fuoriuscire. È importante regolare la pressione in modo da ottenere il massimo rendimento di succo senza schiacciare i semi, che potrebbero rilasciare sostanze amare.

Molte diraspa-pigiatrici sono inoltre dotate di un sistema di raccolta del mosto che consente di raccogliere il succo estratto in modo pulito ed efficiente. Ciò semplifica il trasferimento del mosto verso la fase successiva del processo di vinificazione, riducendo gli sprechi e ottimizzando la produzione.

Al termine della pigiatura e della diraspatura, l’uva si è trasformata in mosto ed è pronta per la fermentazione.

Fermentazione

Siamo arrivati alla fase chiave del processo produttivo: la fermentazione del vino. Questa operazione è responsabile della trasformazione del mosto in vino. Durante la fermentazione, infatti, lo zucchero presente nel frutto viene trasformato in alcol etilico e anidride carbonica, grazie all’azione degli enzimi contenuti nei lieviti, microorganismi presenti sulle bucce degli acini. Qualora questi non dovessero essere sufficienti, si consiglia l’aggiunta di lieviti selezionati, diluiti nell’acqua tiepida.

Da questo momento in poi, il processo di vinificazione prende vie differenti, a seconda della tipologia che si vuole produrre: vino rosso, bianco o rosé.

  • Nella vinificazione in rosso, il mosto viene fatto fermentare insieme ai residui prodotti dalla pigiatura e diraspatura. I raspi e le bucce conferiranno al succo dei colori forti e vivaci e rilasceranno i loro aromi. Lasciate macerare i resti degli acini nel vino per un lasso di tempo di 15/25 giorni, dopodiché potrete rimuoverle. L’estrazione delle sostanze coloranti viene effettuata generalmente ad alte temperature: più alta è la temperatura, migliore sarà l’estrazione.
  • Nella vinificazione in bianco, al contrario, gli scarti delle operazioni precedenti verranno eliminatiprima della fermentazione. Non abbiate paura se il risultato sarà un liquido di colore giallastro. È necessario, in questa fase, mettere in atto un processo di chiarificazione: mediante l’utilizzo di filtri di carta che si aprono come imbuti, rimuoverete le sostanze in sospensione. In aggiunta, un rigido controllo della temperatura, generalmente dai 16° ai 20°, consentirà di mantenere la finezza e la qualità degli aromi.
  • Nella vinificazione in rosato, operiamo un’unione tra le due precedenti operazioni: il mosto fermenta a contatto con le sostanze di scarto del frutto per una durata inferiore rispetto a quella del vino rosso. Rimuovendo le bucce dopo qualche ora, massimo un giorno, il vino assorbirà i profumi e prenderà quel tipico colore rosato.

È opportuno che il processo di fermentazione si svolga in un luogo pulito, privo di forti odori e ben arieggiato, per evitare che l’anidride carbonica prodotta causi dei danni alla salute dei presenti.

Svinatura

Tutti gli zuccheri si sono trasformati in alcol: ciò significa che la fermentazione è conclusa. Si passa ora alla svinatura: separando la parte solida, le vinacce, dal liquido del vino, esso risulterà “chiarificato”. Gli strumenti utilizzabili sono vari, a seconda della quantità e del tipo di fermentazione. Può essere sufficiente un setaccio di vimini per impedire il filtraggio dei semi più piccoli. Il liquido filtrato verrà deposto in un contenitore fino all’orlo dove raggiungerà la temperatura ambiente di 16°.

Verrà travasato poi in un altro contenitore, come ad esempio una vasca di acciaio o in una botte di rovere o, ancora, in un serbatoio dove potrà avere inizio l’invecchiamento. Talvolta, vengono aggiunti altre sostanze, solitamente il mosto concentrato, per “aggiustare” il risultato finale ottenuto.

Imbottigliamento

Il vino è pronto e deve essere imbottigliato. Ora può essere eseguita un’operazione di filtraggio finale, per eliminare i depositi dei trattamenti precedenti e assicurarsi di servire un vino perfettamente pulito. È importante rimuovere l’ossigeno prima del travaso nella bottiglia, attraverso diverse tecniche, come l’azoto gassoso.

Prima di essere distribuito, il prodotto deve subire un periodo determinato di conservazione.

Comprendere tutte le fasi di questo affascinante processo che culmina nella creazione del vino permette di apprezzare ancora di più ogni calice. Le Cantine di Dolianova vendono oltre 4 milioni di bottiglie l’anno e questo lo deve alla potenzialità delle sue vigne e delle Cantine. Ora non vi resta che provare uno dei nostri vini per riconoscere la dedizione che si nasconde dietro ogni bottiglia!

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