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Nel vasto mondo del vino, la figura del wine educator è diventata un punto di riferimento fondamentale. Non si tratta “solo” di un sommelier che racconta l’etichetta al tavolo del ristorante, né di un enologo che cura la vinificazione in cantina: il wine educator è un professionista specializzato nel trasformare la wine knowledge – dall’agronomia alla degustazione – in percorsi formativi coinvolgenti, pensati per consumatori curiosi, operatori dell’ospitalità e addetti alla wine industry. In pratica, collega vigna, cantina e mercato, traducendo concetti tecnici in esperienze comprensibili che accendono la passione per il vino.

Chi è e cosa fa un wine educator

Il compito principale di un wine educator è progettare e tenere corsi, masterclass, webinar e tour didattici che aiutano il pubblico a comprendere terroir, vitigni, stili di vinificazione e abbinamenti gastronomici. Queste attività si svolgono in scuole alberghiere, accademie private, fiere di settore, cantine aperte al turismo o perfino sulle piattaforme digitali. In qualunque contesto operi, il wine educator adatta il linguaggio a chi ascolta: spiega il perché di un tannino ruvido a un neofita, approfondisce gli aromi terziari di un vino con gli chef, aggiorna la rete vendita di un importatore sulle ultime tendenze della wine industry.

Tra i compiti quotidiani rientrano:

  • Progettare programmi didattici – Dalla lezione base “Come leggere l’etichetta” ai moduli avanzati su zonazioni e microvinificazioni.
  • Guidare degustazioni tecniche – Illustrare le differenze di stile fra vini di bassa collina e quelli prodotti oltre i 600 m di altitudine, analizzando colore, naso e struttura.
  • Creare contenuti multimediali – Video, blog post, corsi e-learning che diffondono la wine knowledge anche a chi non può partecipare fisicamente.
  • Consulenza alle cantine – Sviluppare pacchetti di wine tourism, formare il personale di sala, redigere materiale informativo per l’estero.
  • Aggiornamento continuo – Viaggi studio, assaggi comparativi, conferenze: il vino cambia di stagione in stagione e il buon educator deve restare al passo.

Questa versatilità spiega perché molte aziende vinicole collaborino con wine educator per valorizzare la propria offerta enoturistica, creare storytelling credibili e diffondere una cultura del bere consapevole.

Come si diventa wine educator: percorso e opportunità

Per esercitare la professione servono competenze ampie – dal marketing alle scienze sensoriali – e attestati riconosciuti. Un curriculum tipico procede a tappe:

  1. Formazione di base
    I futuri educator iniziano spesso con corsi WSET (Wine & Spirit Education Trust) di Livello 2 e 3, che introducono a viticoltura, vinificazione, degustazione e mercati globali. Questi step forniscono il vocabolario tecnico indispensabile per muoversi in un’aula o in una cantina internazionale.
  2. Esperienza sul campo
    Stage in enoteca, vendemmie all’estero, lavoro in sala: il contatto diretto con bottiglie e clienti traduce la teoria in pratica e forgia la capacità di comunicare in modo chiaro ed empatico.
  3. Certificazione avanzata
    Chi vuole distinguersi punta al titolo di Certified Wine Educator (CWE) della Society of Wine Educators: l’esame prevede test scritti, prova di degustazione alla cieca e una lezione dal vivo di 20 minuti su un tema a scelta, valutata da una commissione di esperti. Superarlo significa dimostrare eccellente padronanza di viticoltura, enologia, geografia e abilità pedagogiche, nonché guadagnare un sigillo di qualità riconosciuto in tutto il mondo del vino.
  4. Specializzazioni tematiche
    Alcuni proseguono con percorsi dedicati (spirits, sakè, formaggi), altri scelgono certificazioni nazionali, come l’Italian Wine Educator Course di Verona, focalizzato sulle peculiarità regionali e sui disciplinari DOC/DOCG italiani.

Competenze trasversali

Oltre alla tecnica, un buon wine educator deve padroneggiare:

  • Public speaking e storytelling – Per tenere viva l’attenzione di platee eterogenee.
  • Didattica digitale – Dalla regia di un webinar all’elaborazione di dispensa interattiva.
  • Project management – Pianificare corsi, gestire budget, coordinare fornitori (bicchieri, campioni di vino, venue).
  • Lingue straniere – Il vino viaggia e chi lo racconta deve saper passare dall’italiano all’inglese, talvolta al tedesco o al giapponese.

Sbocchi professionali

Il mercato offre opportunità flessibili:

  • Accademie e scuole alberghiere – Docenza su moduli di enogastronomia, degustazione e servizio.
  • Cantine e consorzi – Formazione interna, serate tasting, eventi B2B.
  • Tour operator e agenzie incentive – Creazione di itinerari eno-turistici con momenti didattici immersivi.
  • Media e marketing – Content creator, podcaster, autore di guide digitali sul vino.

Grazie alla digitalizzazione, chi possiede carisma davanti alla telecamera può espandere il pubblico ben oltre i confini locali, aprendo webinar e membership online a wine lovers di ogni latitudine.

In definitiva, il wine educator è la figura di congiunzione tra la complessità della produzione e la curiosità di chi assaggia: un professionista che traduce dati agronomici, stili enologici e storie di territorio in esperienze memorabili, contribuendo a far crescere la cultura del vino e il valore delle aziende che la coltivano. Per una Cantina, dunque, collaborare con figure preparate significa condividere, in Italia e all’estero, la passione per un patrimonio enologico che merita di essere raccontato con competenza e calore.

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