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Nel mondo del vino esistono moltissimi termini che arricchiscono il linguaggio della viticoltura e che raccontano la stretta connessione tra uomo, vigna e territorio. Ogni parola porta con sé sfumature legate alla storia, alla tradizione e alla cultura enologica. Tra questi, uno dei più affascinanti è senza dubbio “cru”, un termine che richiama immediatamente l’idea di eccellenza e di legame profondo con la terra.

La zona geografica influenza in maniera decisiva le caratteristiche del vino, determinandone profumi, struttura e qualità. Capire il significato del termine cru significa quindi addentrarsi nel cuore stesso del concetto di terroir, laddove la natura e la mano dell’uomo si incontrano per dar vita ai vigneti migliori.

Le Cantine di Dolianova privilegiano da sempre la coltivazione dei vitigni più tipici della nostra isola: 1.200 ettari dedicati a Cannonau, Monica, Vermentino, Nuragus, Moscato, capaci di dare uve di qualità eccelsa. Le nostre vigne sono concentrate principalmente nel Parteolla, nel sud della Sardegna, territorio che comprende i comuni di Dolianova, Serdiana, Donori, Ussana e Soleminis. Nessun’altra cantina dell’isola dispone di una distesa di vigne così rilevante. Un punto di forza importante, che rende le nostre cantine più capaci di garantire la qualità dei propri vini e di seguire con facilità le richieste dei mercati.

Origine e significato del termine cru

La parola “cru” è di origine francese ed è il participio passato sostantivato del verbo “croître”, che vuol dire “ciò che cresce in una regione”. Nel mondo del vino viene usato per segnalare vigneti migliori, zone particolari dal quale si ottiene un vino eccellente, oppure si parla di menzione geografica aggiuntiva, e in Francia il concetto ha radici profondissime.

Fin dal Medioevo, i monaci della Borgogna, lo usavano per identificare i vigneti migliori, delimitati da muretti, ognuno con caratteristiche uniche. Con il passare dei secoli, il termine cru divenne parte integrante delle classificazioni vinicole. Fu sotto Napoleone III, nel 1855, che si formalizzò per la zona di Bordeaux la scala dei cru, definendo i Grand Cru, i Premier Cru, i Deuxième, Troisième e Quatrième Crus e così via. Questo serviva a riconoscere la qualità dei vigneti migliori, distinguendo i vini prodotti da territori eccellenti e la scala è ancora oggi valida in Francia.

Quando parliamo di Grand Cru, stiamo parlando del livello più alto: i vigneti più vocati, quelli nei quali il suolo, l’esposizione, il microclima lavorano in perfetta armonia dando vita a vini “di pregio superiore”.

Uso del termine “cru” in Italia

In Italia il termine cru non è riconosciuto da una specifica legislazione: non vi è una normativa che consente di usare “cru” come menzione ufficiale. Al suo posto, si preferiscono termini come “vigna” o “Menzione Geografica Aggiuntiva” per indicare vigneti specifici o sottozone dalle quali si è prodotto un particolare vino di qualità.

Cru e terroir

In conclusione, il termine cru è un segnale di distinzione. Indica che quella vigna è tra le migliori, che quel terroir è riconosciuto, che ogni bottiglia racconterà origini antiche, suolo vivo, alta qualità. Quando beviamo un vino Grand Cru o Premier Cru, percepiamo non solo il frutto ma anche la cura di chi l’ha coltivato. La distinzione di un cru deriva principalmente dalle caratteristiche ambientali uniche che influenzano la qualità del vino.

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